Assessorato Cultura e Turismo del Comune di Napoli

 

 

 

Casina Pompeiana in Villa Comunale, 
punto d’ascolto dell’Archivio Storico RAI della Canzone Napoletana

Napoli Music Hall

MARIO SCALA & WORK IN PROGRESS NAPLES BAND 

presenta

" RITORNO ALLA MUSICA omaggio ALLA CANZONE D'AUTORE "

 

28 aprile  ore 20:00

19 maggio 20 giugno

 
 
 
 
 

“ Associazione “ Odore d’Antico “

Via F. Cilea 112

80127 Napoli

C.F. 95220710636 - P.IVA 08187781219

Cell. 3492804403

 

Progetto musicale

 

“ Ritorno alla musica “

(omaggio alla canzone d’autore)

 

elaborato da

 

Mario Scala

 

insieme alla

 

Work in Progress Naples Band

 

Il progetto ha la finalità di far conoscere, non solo ai giovani,

l’evoluzione della canzone italiana dovuta all’arrivo di rilevanti

novità generate dalla musica americana a partire dagli anni 20/50

e gli autori sostenitori di tale rinnovamento.

 

È un omaggio ai cantautori italiani.

 

Quindici cover scelte tra i vari artisti come

Paolo Conte, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci, Fabrizio De Andrè.

 

Un viaggio musicale fra ritmi e atmosfere d’oltreoceano,

jazz, blues, swing, dixieland, ragtime,ecc.

aneddoti, profumi, sensazioni,

canzoni che hanno caratterizzato

il panorama musicale degli anni 50 / 80.

 

Work in Progress Naples Band

 

 

                 Gianni Di Domenico   : batteria, percussioni

                 Pasquale Angelo        : sax, flauto, ottavino

                 Franco Esposito         : chitarra elettrica

                 Angelo Iorio                : basso

                 Franco Tricoli             : piano, tastiere

                 Mario Scala                : voce, chitarra classica

 

 

arrangiamenti e orchestrazione

a cura di

Franco Tricoli

 

 

Un gruppo costituitosi ad hoc per l'occasione,

composto da musicisti professionisti con un bagaglio

di notevole spessore artistico.

 

Esperienze maturate negli anni, ispirate

da quelle orchestre jazz, blues, swing degli anni passati,

che hanno contribuito alla divulgazione dei generi musicali  provenienti da oltreoceano.

 

 

 

“ Ritorno alla musica “

(omaggio alla canzone d’autore)

 

Diceva Mozart: “tutto è già stato composto, ma non ancora trascritto”.

 

Senza apparire blasfemo, mi piace pensare che il “ Genio “

si riferisse ad ogni genere di  musica, intendendo  per “ genere “

tutto quanto attraverso le note trasmettesse un’emozione.

 

E’ di emozioni legate alla musica che voglio tentare di parlare,

in particolare di quelle emozioni, che spaziano

nel panorama musicale degli anni 50/80.

 

Tra gli anni 20 e gli anni 50 in America, il jazz, il ragtime,

il blues, il rock and roll, ecc.

incominciarono ad influenzare il vecchio continente segnando così

una vera rottura con il genere melodico in voga fino ad allora.

 

Anche in Italia dopo il disastro bellico

si sentì il bisogno di un cambiamento,

che comportasse non solo la rinascita economica,

ma anche culturale intesa in senso ampio, quindi anche musicale.

 

Ciò avvenne però più lentamente rispetto

agli altri paesi del vecchio continente,

forse perché la musica leggera interpretata da cantanti

come Taiani, Consolini, Pizzi o Boni,

non consentiva ancora strappi profondi alla tradizione

 

 

E qui è d’obbligo citare il pensiero di Nino Rota il quale affermava:

 “ Il termine musica leggera si deve riferire

solo alla leggerezza di chi l’ascolta, non di chi la scrive “

Intanto lo swing di Natalino Otto, Fred Buscaglione e  Gorni Kramer,

entrava nelle orecchie e nel cuore degli Italiani.

 

In quegli anni le generazioni più giovani vivevano un’inquietudine

che non riuscivano più a reprimere e desideravano la svolta,

 lo sdoganamento dallo sdolcinato modo di esprimere

anche nella musica i sentimenti e le emozioni in generale.

  

Si affacciarono allora, sul palcoscenico di questo stato d’animo,

i vari Tony Dallara, una esplosiva Mina e un mitico Modugno

che con le sue braccia alzate al cielo, dette l’illusione a chi lo amò

subito di “ poter volare “.

 

Ma anche qui lo shock vero e proprio lo causò il rock and roll,

lo swing, il charleston e lo stesso jazz, tutte atmosfere

musicali importate dagli Stati Uniti.

  

Ora la mia attenzione si polarizza su quattro grandi figure,

 che fecero propria questa rivoluzione.

 

Paolo Conte, Giorgio Gaber, Enzo Jannacci e Fabrizio De Andrè.

 

PAOLO CONTE

La definizione che Conte medesimo dà della sua arte è perfetta:

“Io? Né poeta né cantautore, sono semplicemente

un musicista jazz ospite in casa d’altri”.

 

Diventa cantautore di fama internazionale nel 1985

con l’album che conteneva il brano “ sotto le stelle del jazz “.

 

Pronunciando questa parola magica “jazz“ , mi viene in mente

il trombettista che racconta il suo straordinario incontro con “Novecento“

“ il pianista sull’oceano “( romanzo di Alessandro Baricco ).

 

Il trombettista non ingaggiato all’imbarco sulla nave “ Virginian “

si mise a suonare una musica che non si capiva da dove provenisse,

il responsabile di questo ingaggio gli chiese “ cosa era ? “

e il trombettista rispose “ non lo so “ e l’altro :

quando non sai cos’è, allora è JAZZ!

 

Ed è aria di jazz e di America che Conte respira fin dall’infanzia.

La sua musica e suoi testi sono uno stato d’animo che mira

a qualcosa di più grande pur raccontando l’ordinario.

 

Nelle sue canzoni si sentono profumi, si percepiscono nebbie,

si avverte il movimento del vento che viene dal mare,

si tocca la timidezza, si avverte la solitudine dell’uomo

che può trovarsi a Genova, ma anche in un qualunque

luogo quando il “ luogo “ diventa “ l’uomo stesso “.

 

Le sue canzoni si muovono sì sulla traccia del jazz ma mescolano

( come egli stesso dice ) tango, habanera, Francia e Sudamerica,

valzer e suggestioni napoletane.

 

GIORGIO GABER

Giorgio Gaber diceva: Tutta la mia carriera nasce da questa malattia.

 

La chitarra, infatti, gli fu messa tra le mani dal padre

affinché esercitasse le dita della mano sinistra

colpita da una lieve paralisi dovuta ad un attacco di poliomielite.

 

L’intuizione del padre fu determinante per tutta la vita dell’artista

che abbraccia giovanissimo la cultura della “ musica jazz “.

 

I suoi modelli di chitarristi sono i jazzisti come

Barney Kessel, Tal Farlow, Billy Bauer.ecc.

e anche l’italiano Franco Cerri,

diventato per lui il maestro da cui imparare.

 

La passione per il jazz facilita il passaggio fusione

con la musica rock. Sulla formazione di Gaber

 contribuisce fortemente anche la sua attrazione

per la canzone francese degli chansonniers

della Rive-gauche parigina,

riconoscendone in essa i contenuti

di spessore culturale facenti parte

della sua ricerca d’innovazione.

 

Ed è proprio questa ricerca dell’ equilibrio

tra le influenze americane ( jazz e rock ) e la canzone francese

che lo porterà ad approdare con Sandro Luporini,

alla straordinaria esperienza del teatro-canzone,

dove l’artista e l’uomo, spogliandosi di un certo narcisismo

tenta pur recitando se stesso, una spersonalizzazione

che consentirà l’identificazione “ nella persona “

come piena di contraddizioni e dolori.

 

L’opera di Gaber è un’opera d’arte,

perché tale è tutto quanto resista nel tempo.

 

ENZO JANNACCI

La sintesi dell’opera di Jannacci la possiamo trovare

in uno dei suoi album inciso nel 1989:

“ trent’anni senza andare fuori tempo “ .

 

Jannacci come Gaber, sono stati il loro tempo

e sono sempre il tempo di chi li comprende.

  

Diplomato in pianoforte, in armonia,

composizione e direzione d’orchestra,

fonde la sua passione giovanile per il jazz ed il rock

con la vocazione per il racconto

e la celebrazione dell’ “ altro “,

quando “ l’altro “

fa parte di un mondo ai margini.

  

Per Jannacci il luogo sembra essere il teatro

con il suo cabaret e l’innata teatralità del suo essere,

che gli consentono di esprimere

la sua ironia resa ineguagliabile

perché accompagnata da una profonda vena poetica .

 

FABRIZIO D’ANDRE’

Il genere country, il jazz e la canzone francese

sono le sue prime passioni.

 

La sua poetica trova ispirazione nel racconto di vite ai margini,

ma soprattutto nella ricerca dell’emarginazione vista

come esclusione totale dalla società e dalle convinzioni dominanti.

  

De Andrè canta una rabbia, forse sconfitta, ricolma di pessimismo,

le sue sono canzoni principalmente di denuncia dell’ipocrisia

espressa dal cosiddetto“ ordine costituito “.

 

 

 
 
 

“Suonavamo perché l'oceano è grande, e fa paura,

suonavamo perché la gente non sentisse passare il tempo,

e si dimenticasse dov'era, e chi era.

Suonavamo per farli ballare, perché se balli non puoi morire,

e ti senti Dio.

E suonavamo il ragtime, perché è la musica

su cui Dio balla, quando nessuno lo vede.

Su cui Dio ballava, se solo era negro.”

 

                                                                                   Alessandro Baricco

 

 

In generale, il jazz è sempre stato simile

al tipo d’uomo col quale non vorresti

che tua figlia uscisse.

                                   

                       Duke Ellington                      

 

 

La vita è un po’ come il jazz… è meglio quando s’improvvisa.

 

 George Gershwin

 

 

Il jazz è il fratello maggiore del blues.

Il blues si suona da ragazzi, è come andare al liceo.

Suonare il jazz è come andare al college, a un corso universitario.

 

                                                                   BB King

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

           
     
 
     
   
 

 

 
 
 
 

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